la tessera 2023-2024 dedicata a Daniela Cremona

 

 


 

Daniela Cremona nasce nel 1955 in Venezuela da genitori emigrati dalla Valtrebbia. Rientrata in Italia vive e studia a Piacenza, conseguendo la maturità classica al Liceo Gioia, da dove ha inizio il suo impegno politico: prima nel Collettivo della scuola, poi in un costante lavoro di coordinamento cittadino dei Collettivi del Movimento studentesco, a seguire nel Comitato antifascista militante, presieduto da Paolo Belizzi, del quale alla fine degli anni Settanta coordina la segreteria.

Iscritta a Filosofia in Statale a Milano, Daniela studia e dà esami, ma preminente è l’attività politica. Militante del Pcd’I (m-l), orienta il suo impegno anche verso la classe operaia, con un intervento di propaganda nelle fabbriche di Podenzano (Gabbiani e Tecnitub), che mediato dalla sua curiosità umana e intellettuale si trasforma presto in inchiesta sociale. Dopo i lavori giovanili (campagne del pomodoro, aiuto alla pompa di benzina antistante la piccola officina meccanica paterna), nei primi anni Ottanta sceglie la condizione operaia: è assunta come manovale dalle FFSS. Delegata, è in prima fila nel Movimento dei Consigli che si oppone allo smantellamento per decreto della scala mobile, e milita poi per molti anni nella Cgil piacentina.

Con l’esaurirsi della spinta operaia e la crisi irreversibile dei diversi modelli di socialismo reale, comincia una fase di approfondimento critico della teoria marxista. Daniela è instancabile animatrice del Centro Karl Marx di Piacenza (dove avviene l’incontro fraterno e fecondo con Piergiorgio Bellocchio) e del Centro di iniziativa teorica e politica (Citep) di Milano, per cui cura con Francesco Contu nel 1989 la pubblicazione di: P. Giussani, F. Moseley, E. Ochoa, Prezzi, valori e saggio del profitto, Atti del convegno internazionale sulla teoria economica marxista, organizzato alle Stelline l’anno precedente. Allarga i suoi orizzonti culturali e nel 1991 partecipa con il fondatore Amedeo Anelli alla nascita di «Kamen’. Rivista di poesia e filosofia», a cui fornisce preziosa collaborazione per vent’anni. Gestisce la ristrutturazione della Biblioteca del Dopolavoro Ferroviario alla stazione centrale di Milano, e sarà poi chiamata alla redazione di «Amico treno».

Nel frattempo ha ripreso a studiare e nel ’95 si laurea con una tesi sui «quaderni piacentini»: a detta dei suoi amici Piergiorgio Bellocchio e Edoarda Masi, la ricerca più completa e approfondita su quella rivista. Nel 2004 tiene la relazione di apertura al convegno dedicato a Grazia Cherchi “Ridefinire la politica. Storia e presenza di «quaderni piacentini» (1962-84)”, organizzato a Piacenza da Bellocchio e Gianni D’Amo.

Già seriamente malata, partecipa dal 2006 e fino alla prematura scomparsa nel 2012, all’esperienza politico-culturale di Cittàcomune, di cui, col modesto stipendio d’impiegata, è tra i principali sostenitori anche nella autogestione economica.

Silenziosamente generosa, innanzitutto di sé e del suo tempo, si tiene sempre un passo indietro rispetto alla ribalta.

Daniela ha incarnato al meglio ideali, scelte e stili di vita di una generazione di militanti della Nuova sinistra, affacciatisi negli anni Settanta alla politica, che senza farne il trampolino di lancio per più o meno nobili carriere, hanno saputo mantenersi fedeli a se stessi. C’è una descrizione di questo nuovo tipo di militante in un pezzo di Giovanni Jervis (“Psicologia e politica nella vita quotidiana”, in «quaderni piacentini» n. 56 del 1975), che sembra ritagliata su di lei: «Queste persone si presentano come vitali, passionali, capaci di un legame emotivo profondissimo con gli amici, i compagni, gli altri militanti… esse sono dotate di una grossa carica di ottimismo e di amore per la vita. La necessità di disciplina e di rigore, l’abitudine alla modestia e al sacrificio personale, la rinuncia agli agi e spesso agli antichi affetti, non solo non provocano un inaridimento della affettività, ma sembrano esaltarla e la spostano su di un piano di rapporti interpersonali che è molto diverso da quello tradizionale, stretto nelle pastoie dei circuiti amicali e familiari. E anche il rapporto con le esigenze del corpo e con il piacere della immaginazione si fa più semplice e diretto».

Daniela è stata, come altri della sua generazione, una risposta pratica alla domanda «come vivere?», incluso il modo in cui ha affrontato il decennio di coabitazione con i due tumori, che se la sono portata via prima dei sessant’anni.

Un modo di essere e comportarsi non facile, in un contesto di consumismo individualistico, che nel Nord del mondo già sul finire del secolo scorso ha sconfitto o svuotato dall’interno classi subalterne e movimenti, nonché le loro culture, tra globalizzazione e ipertrofia mediatica.

 

Cittàcomune nasce nel 2006 praticando rapporti non mediati, personali, vis à vis, come premessa di un impegno collettivo non omologante o eterodiretto. Consapevoli che non c’erano garanzie di sorta, «tantomeno di facile successo», abbiamo provato a tenere insieme «versante morale del vivere politico e versante politico del vivere morale», a «restringere la forbice tra com’è e come dovrebbe essere… Per sentirci meno soli, meno inutili, meno infelici». Una proposta forse troppo ambiziosa, soprattutto per i giovani cui si rivolgeva, che non l’hanno compresa né fatta propria. O forse fuori tempo.

Cittàcomune oggi ne prende atto e fa un passo indietro. Si orienta a un impegno che sarà meno pubblico: volto da un lato a un’attività seminariale di approfondimento, non schiacciata sulla figura e visibilità mediatica del presidente (un uomo solo al comando non va bene, tantomeno a Cittàcomune); dall’altro a non disperdere e valorizzare il molto già fatto, in primis attraverso pubblicazioni a stampa, a partire dalla ricerca di Daniela Cremona sui «quaderni piacentini»: del resto, sono stati quei lontani anni di studio la premessa del fruttuoso rapporto di alcuni di noi con Piergiorgio Bellocchio, essenziale per la nascita e la vita dell’associazione.

La scelta di dedicare a lei questa nostra tessera (ed è possibile sia l’ultima, almeno nella forma del ritratto personale) vuol rendere omaggio a una donna che, lungo quarant’anni di impegno, ha vissuto all’insegna di «dare il meglio per nulla», senza ricevere né ricercare successo o personali gratificazioni. Ma vuole anche lasciare traccia e memoria di molti militanti amici suoi (alcuni ormai settantenni o più), la cui dedizione ha costituito l’ossatura dell’esperienza autogestionaria di Cittàcomune, l’indispensabile retroterra di centinaia di incontri pubblici: pensati, preparati e proposti alla città con la massima cura, come ci è stato riconosciuto da tutti, ma proprio tutti, i tanti autorevoli relatori invitati in diciotto anni. Nessuno dei quali, è bene ricordarlo, ha mai ricevuto altro compenso se non le sobrie spese di viaggio e l’ospitalità. Ospiti grati.

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