1. Chi siamo. Siamo tra coloro che cinque anni fa si sono spesi con generosità per assicurare a Piacenza un governo cittadino di centro-sinistra. Perseguiamo oggi, con grande convinzione, il medesimo obiettivo, attraverso percorsi politico-programmatici nuovi e scelte di impegno nella competizione elettorale diversi da allora. Abbiamo dato vita a un’alleanza elettorale intorno al candidato sindaco Gianni D’Amo: proponiamo alla città di sostenerlo, votando le nostre liste per il Consiglio comunale e quella per i Consigli circoscrizionali. Ci rivolgiamo a tutti i cittadini di Piacenza. Per formazione, esperienza, inclinazione a sentire come nostri i problemi della convivenza collettiva, ci troviamo accomunati da un’unica ambizione: quella di poter parlare a tutti con la forza degli argomenti e attraverso la libera discussione. Pensiamo che siano le scelte concrete e i comportamenti a definire le identità politico-ideali, e non, al contrario, le preliminari appartenenze a legittimare ogni comportamento. Per noi il bene pubblico viene prima degli interessi particolari e il bene pubblico per eccellenza è la partecipazione consapevole dei cittadini alle scelte che li riguardano. Il Comune è il luogo privilegiato per una possibile vicinanza tra cittadini e amministratori: sperimentare ed imparare ad attuare la partecipazione nella dimensione comunale è il punto di partenza per affermarla anche ai livelli politico-amministrativi superiori. Governare è sì decidere, ma anche organizzare pazientemente tempi e luoghi della conoscenza e dell’informazione: se esse non sono oneste, trasparenti, non c’è vera possibilità di scelta, cioè vera democrazia.
2. Cosa proponiamo. Vogliamo fare di Piacenza una comunità corresponsabile nella costruzione del proprio futuro, con determinazione ma senza arroganza, puntando sulla partecipazione reale dei cittadini. Come, dove e con chi si decide, predetermina in larga misura le scelte. Se il confronto è condizionato dagli interessi di singoli o gruppi, se dove ci si confronta non si decide e dove si decide non si discute, non può esserci un’azione coerente di buongoverno. Noi scegliamo di partire dai modi concreti di definire e poi quotidianamente attuare il programma, dalla scelta dei tempi e delle priorità, prima ancora che dai contenuti, a cui pure stiamo seriamente lavorando: l’esperienza recente ci insegna che non bastano elenchi onnicomprensivi, magari anche condivisibili, se rimangono scritti sulla carta, se le singole parti non sono tra loro coerenti e non interagiscono nella soluzione dei problemi. Chi si presenta all’elettorato come colui che può risolvere tutti i problemi della città nell’interesse di tutti, e perciò vi chiede con il voto di un giorno la delega in bianco per i successivi cinque anni, non dice il vero. Al contrario, la città matura e sa trasformare i sogni in realizzazioni concrete, se crescono i suoi cittadini, il loro senso civico, la dignità e l’orgoglio di sentire come proprio ciò che è di tutti. Un buon sindaco e dei buoni amministratori condividono le decisioni, fanno le cose, a volte sbagliano, si correggono, imparano, esattamente come ogni altro cittadino. Quando, come qualche volta capita, diventano davvero bravi e come tali sono percepiti dalla città, è perché sono cresciuti, insieme, comunità e amministratori, governanti e governati. Il decisionismo autoreferenziale e le scorciatoie portano quasi sempre in un vicolo cieco.
3. Da dove cominciare. Piacenza è da oltre due millenni crocevia di civiltà diverse, terra di passaggio da Est a Ovest, dal Mediterraneo all’Europa e viceversa. Nei secoli ha subito influenze eterogenee. Aperta alle sollecitazioni, non è incline a lasciarsi assoggettare e rivendica l’originalità della sintesi a cui ha saputo portare le diverse componenti della sua identità. Non ama sottomettere, non accetta di sottostare. Siamo una città tra il Po e l’Appennino, con tutti i vantaggi della provincia, ma anche un’invidiabile collocazione al centro delle direttrici che collegano le grandi metropoli del Nord. Non abbiamo mai avuto, noi piacentini, complessi di superiorità, è bene respingere oggi la tentazione di quello di inferiorità. Cominciamo dal non piangerci addosso. Non ci mancano le risorse materiali e culturali per diventare un laboratorio di innovazione e offrire ai giovani una prospettiva, nella quale valga la pena di investire testa e cuore, che sia alternativa reale all’abbandono della città o al pendolarismo a vita. Ma il futuro non nasce dal nulla, è davanti a noi e insieme alle nostre spalle. Progettare il futuro significa dunque, innanzitutto, trasmettere alle generazioni di domani ciò che ci è stato consegnato: natura e cultura, storia e memoria, territorio e relazioni umane.
4. L’aria che respiriamo, la terra su cui poggiamo. Aria e acqua sono di tutti: costituiscono la base stessa della possibilità di vita e non possono essere in alcun modo assoggettate a logiche di mercato. Fonti energetiche e territorio, che nel mondo globale si scambiano in modo crescente come merci qualsiasi per produrre profitto, al pari di aria e acqua non sono inesauribili. Ai poteri pubblici, ognuno nella sua sfera di competenza, tocca la responsabilità di preservarli strategicamente come beni collettivi, mettendo in secondo piano le convenienze immediate e gli interessi particolari. Ai cittadini quella di contribuire al raggiungimento dell’obiettivo comune, praticando stili di vita con esso compatibili. È trasformando il modo di di viverla e governarla, che possiamo consegnare la città al futuro. Quanto edificato a Piacenza in questi anni è più che sufficiente. Solo con la logistica, siamo passati da 700mila a 2 milioni e mezzo di metri quadri di superficie impermeabilizzata; su tutte le grandi aree ex industriali sono aperti o si apriranno presto cantieri per costruire ancora residenziale e altro commerciale. La popolazione di Piacenza è stabile da decenni: il numero delle persone rimane lo stesso, ma le costruzioni continuano a crescere senza misura. In questo contesto, le aree militari dismesse, presenti al centro della città e nella sua immediata periferia, costituiscono una irripetibile occasione di compensazione ambientale: il mantenimento della proprietà e dell’uso pubblici di queste aree, la predisposizione degli strumenti per il reale coinvolgimento dei cittadini nella scelta sulla loro migliore destinazione, saranno al centro del nostro programma e del successivo impegno politico-amministrativo. 5. Il tempo da ritrovare. La grande risorsa colpevolmente trascurata, nella nostra come in altre città, sono le donne. Siamo una città che invecchia in un Paese che invecchia, con un tasso di crescita demografica tra i più bassi del mondo. L’Italia è ai primi posti delle classifiche mondiali per l’età media più alta e l’incidenza degli ultrasessantenni sulla popolazione complessiva, agli ultimi per le nascite. Bisogna restituire alle donne che lo desiderano il pieno diritto ad avere figli, la concreta possibilità di conciliare la maternità e i compiti di cura, che ricadono ancora largamente sulle spalle femminili, con il mantenimento di un lavoro e di un reddito (sul quale la presenza di uno o più figli incide in modo rilevante). La nostra città, nel solco della tradizione regionale, può vantare una solida esperienza nei servizi sociali comunali, dagli asili-nido all’assistenza domiciliare alle altre forme di supporto per la cura di anziani, disabili, malati. È un patrimonio di intelligenza e competenze che rischia oggi di essere seriamente compromesso – o fortemente ridimensionato – se non si affronta per tempo il nodo delle risorse finanziarie necessarie a farlo vivere e sviluppare. Aumentare i posti nei Nidi comunali, incrementando la qualità e allargando la fascia di coloro che possono accedere alle rette medio-basse, esige una forte volontà politica non solo locale, ma anche una battaglia culturale per affermare il carattere sociale (e non a domanda individuale) dei servizi alla prima infanzia. Nella prospettiva di conciliare maternità e vita lavorativa, va poi proseguita la ridefinizione degli orari della vita cittadina, tenendo conto delle esigenze delle donne in generale e delle madri in particolare: negozi, uffici pubblici, servizi sociali, strutture dello svago e del tempo libero.
6. La mobilità possibile. Con l’adozione del Piano urbano del traffico l’amministrazione uscente è positivamente intervenuta sul nodo della viabilità. Lo sviluppo del sistema delle tangenziali, la sostituzione del sistema semaforico con quello delle rotatorie, l’allargamento della Ztl e l’inserimento di nuove aree pedonalizzate, l’impulso dato alla realizzazione di piste ciclabili indicano una direzione di marcia da confermare e migliorare. Ma a questo complesso di provvedimenti non si è accompagnato il supporto decisivo dell’incremento dei parcheggi scambiatori a Nord della città e del Piano del trasporto pubblico urbano, incentrato su un sistema di bus-navetta per accedere alla città storica. Alla città entro le mura si deve accedere – per chi non vi abiti o non debba caricare/scaricare merci – a piedi, in bicicletta, con mezzi pubblici. Perché una tale scelta non sia vissuta come una vessazione, bisogna creare le condizioni concrete che consentano, alle migliaia di piacentini che quotidianamente si recano in centro, di poterlo fare agevolmente, a bassi costi e in tempi brevi. Spetta innanzitutto al Comune dare il buon esempio, utilizzando per il trasporto pubblico e i servizi comunali mezzi pubblici non inquinanti, e adatti per dimensioni alla città medioevale e rinascimentale. Al perseguimento di tale obiettivo strategico, vanno orientate le scelte politiche e di bilancio non solo di Tempi (Spa e Agenzia), ma dell’amministrazione comunale nel suo complesso.
7. Un centro storico di tutti. Solo nella prospettiva di un centro storico che torni ad essere realmente cuore pulsante di tutta la città – e non solo dei residenti o di chi ci lavora fino al tramonto – acquistano senso le scelte di pedonalizzazione e allargamento della ZTL, ulteriormente da incrementare. Intorno alla rinascita del centro storico, oggi colpevolmente abbandonato, devono convergere e integrarsi la politica culturale, quella del marketing territoriale, le politiche giovanili e quelle dello sviluppo economico, combinando svago e tempo libero da una parte, con vecchie nuove opportunità di lavoro dall’altra. Piacenza può vantare un centro storico a poche centinaia di metri dalle grandi direttrici stradali e ferroviarie: tale collocazione rappresenta una grande opportunità di sviluppo. Le Chiese storiche, il Teatro Municipale, Palazzo Gotico, Palazzo Farnese, la Biblioteca Passerini Landi, le piazze e gli splendidi palazzi privati con i loro giardini costituiscono il nostro più rilevante patrimonio culturale e materiale: esso va amorevolmente conservato, curato e valorizzato. Progettare e far vivere la permanente fruizione pubblica di questi splendidi spazi, deve diventare una grande opportunità di rilancio anche economico della città. A tal fine va pienamente attuata la legge regionale istitutiva dei Piani di valorizzazione commerciale come strumento di coinvolgimento attivo degli operatori economici anche del centro. Il rilancio e la rivitalizzazione del centro storico devono accompagnarsi a un progetto di insieme per impedire che certe zone via via più periferiche continuino ad essere “non luoghi” privi di identità e con una qualità dei servizi e della vita scadente: il rilancio della Piazza storica non confligge con l’obiettivo di una città delle Cento piazze.
8. Innovazione, lavoro, risorse. Nella nostra città i molti soldi che circolano devono riprendere a coniugarsi con l’intelligenza del lavoro, invece che limitarsi ad assorbire enormi quantità di territorio, costruendo immobili il più velocemente possibile, magari lucrando sulla rapida variazione di valore delle aree. L’impresa deve tornare ad essere anche collante sociale, valorizzando e innovando le culture del lavoro. Informatica e telematica consentono oggi di far conoscere e apprezzare in tutto il mondo la nostra millenaria civiltà e i suoi prodotti: cibi, vini, prodotti artigianali, insieme a tecnologie tra le più avanzate, testimoniano la nostra vocazione alla qualità. Antica sapienza e innovazione possono aprirci orizzonti internazionali e, in collegamento con le Università, costituire un’opportunità reale per le giovani generazioni. Quanto ai soldi pubblici, il bilancio comunale deve sostanzialmente mantenere la politica delle entrate, affinando la sua capacità di flessibilità rispetto alle fasce sociali più deboli e la sua capacità di erodere ulteriormente le aree di evasione ed elusione fiscale. Le proposte di riduzione tout-court del prelievo fiscale (Ici e addizionale Irpef) non sono seriamente compatibili con l’esigenza di incrementare in quantità e qualità i servizi sociali. Ma tanto più autorevolmente può essere proposto alla città, secondo il dettato costituzionale, di contribuire al bene pubblico proporzionalmente alle proprie possibilità economiche, quanto più rigorosa e oculata è la gestione dei soldi pubblici sul versante della spesa. Va attuato il contenimento di quei capitoli di spesa che troppo spesso, in realtà, coprono in vari modi i “costi della politica”. Tale rigore va praticato anche negli enti di proprietà o emanazione comunale, che devono saper stare sul mercato senza abbracciare le discutibili ideologìe del “privato a tutti i costi” e della crescente finanziarizzazione: la città deve essere responsabilmente chiamata a contribuire per continuare a controllare da vicino produzione e consumo di beni primari come l’acqua.
9. Cittadinanza e potere: come si governa. La delega della gestione del potere a un uomo solo non va bene, né a Roma né a Piacenza. La Giunta, che pure è di scelta del sindaco eletto, è un organo collegiale, che come tale deve potere e saper operare. Il Consiglio comunale è l’organo di indirizzo e controllo e va messo nelle condizioni di esercitare il suo diritto e fare il suo dovere. A fianco del Consiglio, devono trovare spazio gli organismi di consultazione, nel loro ruolo per definizione critico, e i momenti di democrazia diretta. L’aver disinvoltamente operato in altro modo, troppo spesso decidendo fuori dal confronto nelle sedi istituzionali e chiamando semplicemente a dire dei sì, ha prodotto scollamento tra i diversi organi e tra l’istituzione comunale e la città, alimentando nei nuovi amministratori la cultura politica della delega in luogo della responsabilità personale. I principali partiti del centro-sinistra hanno la responsabilità di aver lasciato al sindaco mano libera nelle fondamentali scelte sulla città e nella conduzione dell’istituzione comunale, con l’unica condizione della scrupolosa suddivisione dei posti di nomina sindacale. Con un tale criterio non si assicura né la qualità degli amministratori nominati, né il rigore nella gestione tecnica ed economica degli enti. Quanto poi alla condivisione politica e alla costruzione del necessario consenso intorno ad alcune scelte discutibili, ci si è limitati ad allinearsi alle decisioni del sindaco, senza mai analizzare nel merito le pratiche controverse, che spesso, tra l’altro, sono passate con il tacito o esplicito appoggio dell’opposizione.
10. Come e perché si può battere il centro-destra e assicurare il governo della città. Il centro-destra piacentino, dopo il sostanziale immobilismo dell’amministrazione Guidotti, in cinque anni di opposizione non ha saputo proporre idee e progetti di apprezzabile respiro. La continuamente ventilata riduzione del prelievo fiscale – al centro dei primi interventi del candidato-sindaco del centro-destra Dario Squeri – può certo risultare elettoralmente accattivante, ma, lungi dal risolvere i problemi della città, neppure consente di metterli a fuoco e quindi affrontarli. D’altra parte il centro-sinistra non può vincere senza cambiare. Lo dicono i numeri di tutte le ultime consultazioni elettorali. La città non vuole un commissario straordinario ai lavori pubblici con la delega in bianco per le aree militari dismesse. Ha bisogno di un sindaco, che voglia e sappia dialogare con essa, accompagnandola nella trasformazione, ma senza sradicamento: gli alberi crescono e durano se hanno radici profonde, sennò sono in balìa di qualunque intemperia. Per non tornare indietro e assicurare il governo della città nel solco dei valori e della cultura del centro-sinistra, i partiti e la politica devono rinnovarsi profondamente e per davvero, saper ripartire dai problemi quotidiani delle persone, che vengono prima degli affari, saper condividere con la città un orizzonte che vada oltre il contingente: perché precisamente questo è il compito della politica. Noi non abbiamo alle spalle potentati economico-finanziari e non ne siamo condizionati. Siamo liberi, liberi di dedicare ogni nostra energia intellettuale e materiale al bene pubblico: la nostra forza sono le convinzioni profonde, le capacità e il senso pratico acquisiti con l’esperienza di lavoro e politica, l’entusiasmo con cui possiamo chiedere ai cittadini di Piacenza di farsi protagonisti consapevoli del proprio futuro. Nella campagna elettorale, nelle urne, e anche dopo.
Piacenza, 31 marzo 2007 Il presente documento politico-programmatico per le elezioni comunali 2007 a Piacenza è sottoscritto da:
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